Vr Challenge Lab VR-Challenge-Lab

La scorsa settimana, siamo stati coinvolti in un entusiasmante progetto all’interno del campus di H-FARM: il laboratorio “VR Challenge Lab – Metodologie didattiche innovative STEAM con l’utilizzo della Realtà Virtuale“, organizzato in collaborazione con il Liceo Scientifico “Manfredo Fanti” di Carpi. Durante questo evento, abbiamo avuto l’opportunità di accompagnare 60 partecipanti, tra studenti, studentesse e docenti, nella creazione di esperienze di didattica innovativa in Realtà Virtuale. Questo format è stato sviluppato in collaborazione con BigRock, Institute of Magic Technologies, la scuola di riferimento in Italia nel campo della Computer Grafica.

Durante quattro giornate intense di lavoro in team, i partecipanti hanno avuto l’opportunità di conoscere e sperimentare insieme l’applicazione della realtà virtuale nell’ambito della didattica. Sono stati accompagnati dai mentor di Onde Alte nel flusso di lavoro e nell’applicazione della metodologia progettuale, e assistiti da BigRock nelle applicazioni tecniche del software “LUDI”, la soluzione ideata e programmata da BigRock per la progettazione di esperienze VR.

I 10 team, composti da studenti e studentesse di età compresa tra i 14 e i 18 anni – più un gruppo composto interamente da docenti – sono stati chiamati a rispondere ad una sfida:

“Creiamo una lezione didattica innovativa con la tecnologia VR, che possa essere efficace e coinvolgente, per accompagnare studenti e studentesse alla scoperta dello Spazio e dei suoi elementi.”

Ciascun gruppo si è poi concentrato su uno dei cinque temi identificati: la Luna, Marte, il Sistema Solare, la Terra e la ricerca spaziale.

Quest’esperienza è stata anche un’opportunità interessante per avvicinarsi all’innovazione, guardando alla didattica da prospettive diverse. Gli studenti sono diventati docenti e progettisti, mentre i docenti hanno avuto l’opportunità di mettersi nei panni degli studenti, partecipando ai momenti di testing delle lezioni.

Come sottolineato anche da Alda Barbi, Dirigente Scolastico del Liceo Manfredo Fanti:

"Il rovesciamento di ruoli tra docenti e studenti è stato ottimo! Noi a scuola ci lavoriamo da tempo e il valore aggiunto che porta è enorme".

La realtà virtuale e l’innovazione della didattica

Negli ultimi anni, l’evoluzione accelerata delle tecnologie ha rivoluzionato numerosi aspetti della nostra vita quotidiana, tra cui anche l’ambito dell’educazione. Tra le innovazioni più rivoluzionarie che hanno impattato il campo dell’insegnamento, spiccano senz’altro la realtà aumentata (AR) e la realtà virtuale (VR).

Immaginate di poter condurre esperimenti scientifici complessi o di manipolare le variabili di processi naturali, osservandone gli effetti attraverso simulazioni interattive. O ancora, pensate di poter effettuare un’analisi anatomica dettagliata e coinvolgente del corpo umano, proprio come farebbe un professionista del settore. Oppure, di rivivere eventi storici e sociali di rilievo, visitare monumenti famosi o esplorare mete geografiche lontane, tutto questo con un coinvolgimento completo in esperienze immersive. La realtà virtuale offre un’opportunità senza precedenti per arricchire il processo di apprendimento.

Tuttavia, è lecito chiedersi come possiamo integrare questa tecnologia all’interno delle istituzioni scolastiche. Come possiamo sfruttare appieno il potenziale della realtà virtuale per favorire l’apprendimento? E come possiamo superare le sfide che inevitabilmente sorgono quando cerchiamo di introdurre questa innovazione nelle nostre scuole e istituti educativi?

La risposta a queste domande richiede un’analisi attenta e una strategia ben ponderata. Introdurre la realtà virtuale nelle aule scolastiche richiede un impegno sia dal punto di vista tecnologico che pedagogico. Non è sufficiente avere accesso alle nuove tecnologie, ma occorre anche comprendere come utilizzarle in modo efficace per migliorare l’apprendimento degli studenti.

Opportunità e sfide

La realtà virtuale applicata all’ambito didattico apre le porte a esperienze di apprendimento coinvolgenti, in cui gli studenti possono muoversi e agire all’interno di ambienti virtuali interattivi, interagendo con oggetti e contesti. Questo livello di interazione stimola la loro curiosità e li spinge a esplorare e apprendere in modo attivo e partecipativo, facilitando la comprensione anche di concetti complessi e la memorizzazione dei contenuti

Grazie a queste esperienze immersive, gli studenti non sono semplicemente spettatori passivi, ma diventano protagonisti del proprio apprendimento. Possono interagire con gli elementi virtuali, affrontare sfide, risolvere problemi e prendere decisioni, sperimentando direttamente le conseguenze delle proprie azioni. Questo approccio attivo favorisce la motivazione degli studenti e li coinvolge in un processo di apprendimento più profondo e significativo. 

Inoltre, l’utilizzo della realtà virtuale può creare un ambiente di apprendimento più inclusivo, in grado di adattarsi alle diverse esigenze degli studenti. Attraverso la personalizzazione delle esperienze virtuali, è possibile offrire un supporto mirato a coloro che hanno difficoltà di apprendimento, consentendo loro di affrontare gli argomenti in modo più accessibile e intuitivo. Allo stesso tempo, gli studenti più dotati possono essere stimolati attraverso sfide più complesse e avanzate.

È importante sottolineare che l’integrazione della realtà virtuale nella didattica richiede un’adeguata formazione dei docenti, che devono acquisire competenze nell’utilizzo di queste tecnologie e nell’effettivo sfruttamento del loro potenziale didattico. Solo attraverso una pianificazione accurata e un’implementazione oculata, la realtà virtuale può diventare un prezioso strumento educativo, capace di arricchire l’esperienza di apprendimento e preparare gli studenti alle sfide del mondo moderno.

“La VR applicata alla didattica è un mondo da esplorare. Non deve però essere solo un mezzo per catturare l’attenzione e la motivazione dei ragazzi. Deve essere qualcosa di più. Forse la vera potenzialità è legata alla creazione di contenuti digitali: docenti e studenti che collaborano, e creano materiali/lezioni/unità didattiche per gli altri studenti, valorizzando le competenze di ognuno e la creatività. Nell'implementazione della realtà virtuale nella didattica, si presentano alcune sfide. Una di queste consiste nel coinvolgere anche i docenti, anche i più refrattari, insieme ai ragazzi, per creare lezioni di senso: non solo l’effetto WOW, ma davvero una VR con valore educativo. Altri punti di attenzione fondamentali riguardano i costi per le scuole; l’inclusione dei ragazzi con disabilità; la collaborazione con le aziende.”

Alda Barbi, Dirigente Scolastico del Liceo Manfredo Fanti

I risultati del laboratorio

Abbiamo adottato un approccio metodologico basato sui principi del Learning Design per guidare i partecipanti in un percorso di progettazione suddiviso in fasi di lavoro. Innanzitutto i partecipanti hanno svolto un’attività di esplorazione e approfondimento dell’argomento “Spazio” e dei temi specifici a loro assegnati; durante il processo, sono stati poi supportati nell’ideazione di una breve lezione didattica utilizzando un canvas di Storyboard e tecniche di narrazione. Successivamente, sono stati accompagnati nella fase di prototipazione cioè la concreta realizzazione della lezione in realtà virtuale, grazie al software LUDI. Parallelamente, sono stati assistiti per la creazione dei contenuti necessari per la presentazione e condivisione del progetto.

Attraverso questa metodologia strutturata, siamo stati in grado di fornire un supporto completo durante tutto il processo di sviluppo della lezione in Realtà Virtuale. Questo approccio ha permesso ai partecipanti di acquisire competenze e abilità nell’uso delle tecnologie immersive, garantendo al contempo la costruzione di un’esperienza di apprendimento coinvolgente e di qualità.

L’adozione del canvas di Storyboard ha consentito di definire in modo chiaro e organizzato i contenuti della lezione, immaginando le interazioni tra docente e studenti e le dinamiche didattiche della lezione, garantendo quindi una struttura efficace e coerente. La narrazione ha svolto un ruolo fondamentale nell’arricchimento dell’esperienza virtuale, guidando gli studenti attraverso il percorso di apprendimento e offrendo contestualizzazione e spiegazioni chiare.

Il software LUDI ha rappresentato uno strumento essenziale per la prototipazione e la realizzazione pratica della lezione in Realtà Virtuale. Grazie a questa piattaforma, i partecipanti hanno potuto trasformare le idee e i concetti in esperienze immersive e interattive, offrendo agli studenti la possibilità di esplorare e interagire con gli elementi virtuali.

Infine, abbiamo prestato attenzione anche alla fase di presentazione e condivisione del progetto. Attraverso la creazione di contenuti appropriati, i partecipanti sono stati in grado di comunicare efficacemente l’obiettivo e il valore della lezione in Realtà Virtuale, coinvolgendo sia gli studenti che gli altri membri della piccola comunità educativa presente.

L’integrazione di questi passaggi ha garantito un processo strutturato e fluido, che ha consentito ai partecipanti di sviluppare le proprie competenze nell’uso della Realtà Virtuale come strumento di apprendimento.

In conclusione, come affermava Maria Montessori, una pioniera dell’educazione, l’educazione dovrebbe essere il risultato di una libera attività dell’individuo e non solo dell’insegnamento impartito dall’esterno. La realtà virtuale, con il suo approccio esperienziale e interattivo, permette proprio questo: offre agli studenti la libertà di esplorare, scoprire e costruire la propria conoscenza in modo attivo e autonomo. Come professionisti dell’istruzione, dobbiamo abbracciare le nuove possibilità offerte dalla tecnologia e saperle integrare in modo efficace all’interno del contesto educativo. Solo così potremo fornire agli studenti un apprendimento che sia stimolante, significativo e in grado di prepararli alle sfide future.

Re-Imagine lab

Questa settimana siamo stati a Torre del Greco, ospitati dall'Istituto di Istruzione Secondaria Superiore “E. Pantaleo”, per accompagnare 40 studenti e studentesse alla scoperta del metodo scientifico, dei suoi principi e delle sue applicazioni.

Un laboratorio realizzato in collaborazione con Novartis, che rientra nel più ampio progetto di divulgazione di Mudimed, il primo Museo digitale della storia del metodo scientifico in medicina. Un progetto realizzato da Novartis Italia in partnership con il Ministero della Cultura, che si rivolge principalmente ai giovani con l’obiettivo di stimolarli ed avvicinarli alla cultura scientifica e al suo metodo. 

Due giornate immersive di lavoro in team per comprendere il metodo scientifico come strumento fondamentale per interpretare le sfide e i cambiamenti del nostro tempo, ma anche come approccio utile per ciascuno di noi nell’affrontare questioni quotidiane, siano esse scolastiche, professionali o di vita ordinaria.

I 6 team, formati da studenti e studentesse tra i 16 e i 18 anni di differenti indirizzi di studi, si sono immedesimati in gruppi di ricercatori provenienti da tutta Italia, chiamati per rispondere  alla sfida “Quali pratiche, iniziative e progetti possono migliorare lo stile di vita di ragazze e ragazzi tra 14-19 anni?”,  ognuno indagando in particolar modo uno dei 4 principali fattori di rischio per la salute che l’Istituto Superiore della sanità ha individuato: scorretta alimentazione, mancanza di attività fisica, fumo di tabacco, consumo eccessivo di alcol.

Il metodo e il flusso di lavoro

Attraverso una metodologia di lavoro basata sui principi del Learning Design, abbiamo accompagnato i partecipanti alla scoperta e poi all’applicazione di ognuna delle fasi del metodo scientifico, aiutandoli a comprenderne il senso e il valore aggiunto. 

Grazie al supporto di canvas di progettazione e con l’affiancamento dei mentor di Onde Alte, ogni team ha cominciato i lavori da una fase di osservazione per indagare il problema e formulare le prime domande di ricerca e procedere quindi poi con un momento di ricerca e approfondimento vero e proprio grazie al quale hanno individuato informazioni chiave e dati a supporto.

metodo scientifico

Non è stato banale il passaggio in cui ogni team ha dovuto formulare delle prime ipotesi innovative che potessero rispondere al problema, ma dopo diversi tentativi individuali e confronti collettivi hanno raggiunto egregiamente questo step cruciale del metodo scientifico. Dopo aver approfondito la loro ipotesi si sono cimentati nella definizione di una strategia di sperimentazione e poi di analisi dei risultati e conclusione approfondendo soggetti coinvolti, contesto di riferimento, tempistiche, strumenti, risorse ecc.

Ogni team ha potuto poi dar libero sfogo alla sua creatività preparando una presentazione e un video tik tok o reel Instagram per presentare la sua ipotesi e la strategia di sperimentazione.

Problem Tree Canvas

Per guidare i partecipanti nella fase di Osservazione e formulazione di domande di ricerca abbiamo creato il Problem Tree Canvas.

Problem Tree Canvas

Il Problem Tree è un approccio di visualizzazione della causa-effetto riguardo un fenomeno, che permette di indagare il problema e di comprenderlo al meglio scomponendolo in cause e conseguenze. Dopo aver scritto il problema specifico sul tronco dell’albero (al centro), i partecipanti si confrontano per proseguire poi appuntando gli effetti sui rami (in alto) e le cause sulle radici (in basso).  Se durante l’analisi si identificano sotto-livelli di cause ed effetti, è possibile continuare a ramificare nelle rispettive aree.

Le cause e gli effetti sono delle supposizioni che non sono ancora validate da evidenze.
Dopo averle identificate, si possono infine definire le domande di ricerca che ci guideranno nell’approfondimento e nella ricerca, fondamentale per validare attraverso dati e fatti le reali cause ed effetti.

Gli ospiti

E’ stato un grande onore per noi avere avuto come compagni di viaggio in questa esperienza due persone che hanno saputo essere di ispirazione per noi e per i ragazz* portando la loro conoscenza e due punti di vista differenti sul metodo scientifico.

Il professor Andrea Grignolio, Docente di Storia della medicina presso l’Università Vita-San Raffaele di Milano, ci ha accompagnato alla scoperta del metodo scientifico partendo da un punto di vista storico e raccontandoci come alcuni grandi scienziati, con una straordinaria capacità di guardare oltre, sono arrivati a scoperte che hanno cambiato le nostre vite. Per ragionare assieme a noi su cosa sia il metodo scientifico ha scelto una citazione della Senatrice a Vita Elena Cattaneo, Neuroscienziata presso Università degli studi di Milano.

Il metodo della scienza è vedere l’invisibile

Abbiamo parlato con lui del coraggio che ci vuole per intraprendere nuove strade mai percorse da nessuno, di come Scienza e Democrazia condividano alcuni principi importanti come la tolleranza, lo scetticismo (inteso come spirito critico e capacità di farsi domande), il rispetto dei fatti, la libertà di comunicazione e la libertà di accesso ai risultati.

Questi e molti altri sono stati i bellissimi spunti di riflessione che ci ha regalato il professor Grignolio. 

E’ stata con noi anche Sabrina Fiorentino, CEO e Co-founder di Sestre, una start-up innovativa nata dall’idea di due sorelle di unire la continua ricerca scientifica con l’amore per il cibo e il territorio. Sestre si occupa di realizzare integratori con estratti nutraceutici della Dieta Mediterranea per il Benessere della Donna.

E’ stato molto interessante ascoltare Sabrina, ci ha parlato dell’importanza di essere perseveranti, pazienti e aperti all’ascolto e ha condiviso con noi il ruolo che il metodo scientifico ha avuto e continua ad avere nella sua esperienza imprenditoriale e per lo sviluppo del loro prodotto.

Solo attraverso la scienza puoi distinguerti dal rumore di fondo e migliorare realmente la società, visiona il tuo obiettivo e lavora per raggiungerlo!

Progettare ed erogare questo laboratorio è stato molto interessante per il nostro team. Ci ha messo alla prova e ci ha permesso di imparare, portandoci a ragionare su come trasferire concetti così importanti e complessi a ragazzi e ragazze riuscendo ad appassionarli e avvicinarli a principi del metodo scientifico che anche noi da sempre cerchiamo di rispettare nel nostro percorso professionale e di vita. Tra gli altri ce ne sono due che ci stanno particolarmente a cuore:

La cultura dell’errore per imparare a vederlo come una necessità per il progresso e la crescita personale, nelle piccole e nelle grandi cose. Per liberarsi dalla paura di essere giudicati e accogliere l’errore come una opportunità.

Il concetto di falsificazione e quindi l’importanza di non fare supposizioni senza aver prima verificato le cose con spirito critico e con una ricerca adeguata.

Ancora complimenti a tutti i partecipanti, speriamo che questo laboratorio vi abbia ispirato a portare il metodo scientifico nella vostra vita quotidiana da studenti e da giovani cittadini. E infine grazie anche a Novartis per la splendida opportunità e all’Istituto Pantaleo per la sempre meravigliosa accoglienza e apertura verso i nostri momenti di formazione.

One day in my shoes

In questi mesi stiamo realizzando il laboratorio “One day in my shoes” insieme all’I.I.S. “Carrara-Nottolini-Busdraghi” di Lucca, un percorso dedicato a docenti delle scuole secondarie di secondo grado per ripensare gli spazi scolastici in un’ottica di design accessibile e inclusivo, realizzando soluzioni flessibili e personalizzate in grado di soddisfare i bisogni di persone con disabilità nell’ambiente scolastico.

Il Design Inclusivo (Design for All) rappresenta il design per la diversità umana, l’inclusione sociale e l’uguaglianza. 
Design for All significa concepire ambienti, sistemi, prodotti e servizi fruibili autonomamente da parte di persone con esigenze e abilità diversificate.

Good design enables, bad design disables (Il buon design abilita, il cattivo design disabilita) – Paul Hogan

Il design inclusivo non interessa solo le persone con disabilità fisiche, cognitive e sensoriali. Attraverso una buona progettazione di spazi e ambienti è infatti possibile abilitare e potenziare le capacità di tutti.

I partecipanti al laboratorio agiscono come “hacker” dello spazio scolastico, per facilitare la vivibilità, l’usabilità, le interazioni. Sperimentando insieme a Onde Alte la metodologia, il percorso prevede anche il coinvolgimento degli studenti in un processo partecipativo, attraverso una sperimentazione in classe. 

Il laboratorio si compone di tre fasi principali:

Empatia
Un approfondimento sul ruolo dell’empatia, per iniziare a mettersi nei panni delle persone che ci circondano.

Progettazione
Una fase di progettazione e comprensione di quali possano essere gli strumenti che agevolano l’interazione tra l’ambiente e le persone con disabilità.

Prototipazione
La creazione vera e propria di un oggetto fisico attraverso la stampa 3D.

In questa ultima fase i partecipanti hanno l’occasione di modellare o scaricare prodotti 3D già esistenti per rispondere ai bisogni delle persone.

 Gli esempi della stampa 3D applicata al design inclusivo sono numerosi, uno fra i tanti è l’Educational kit di Makers Making Change, che contiene dispositivi che aiutano le persone con disabilità nelle attività di vita quotidiana e di apprendimento.

Il kit per l’empatia

Per introdurre i partecipanti alla fase di empatia, abbiamo sviluppato una serie di strumenti che permettono di “mettersi nei panni” delle persone con disabilità. Partendo dalla nostra mappa dell’usabilità – che evidenzia i bisogni e le necessità delle persone divisi per gli ambiti sensoriali, fisici e cognitivi – abbiamo messo a disposizione semplici strumenti per simulare le diverse condizioni in scene di vita quotidiana.

Onde day in my shoes - kit per l'empatia

Ecco alcuni strumenti che abbiamo utilizzato:

Mancanza di un arto
Per simulare un’amputazione medica o congenita, abbiamo messo a disposizione delle tute da lavoro, che possono essere legate o interrotte all’altezza delle braccia o delle gambe per simulare la mancanza di un arto.

Disturbo da deficit di attenzione e dei sensi
Abbiamo voluto utilizzare un visore di realtà aumentata/virtuale (Google Cardboard) e applicazioni come Autism Me, che attraverso la realtà aumentata permette di vivere a livello sensoriale (visivo e uditivo) l’esperienza di una persona con autismo e le sue reazioni agli stimoli esterni.

Difficoltà a parlare
La difficoltà ad articolare o a comunicare attraverso la parola è l’effetto collaterale di diverse condizioni. Per simulare questo disturbo, abbiamo utilizzato degli apribocca da dentista che allungano le guance, rendendo molto difficile il parlare o il farsi capire.

Dopo una prima sessione online e due giorni in presenza siamo arrivati a concludere la fase dedicata all’empatia, affronteremo presto quelle di progettazione e prototipazione. Ci auguriamo che il laboratorio possa dare ispirazioni e spunti utili per contribuire a generare un cambiamento su questi temi nelle scuole, e siamo curiosi di scoprire quali saranno i prodotti progettati e stampati in 3D che usciranno da questo percorso.