Il 21 settembre si celebra la Giornata Internazionale della Pace. Istituita il 30 novembre 1981 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite tramite la risoluzione 36/67, nasce dalla volontà di creare un giorno all’insegna della pace mondiale e della non violenza.

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Lo scenario mondiale

La mappa in pagina, che utilizza i dati del Council on Foreign Relations (CFR), rivela dove si trovano oggi i 27 conflitti in corso nel mondo e la loro tipologia.
Molte persone oggi viventi non hanno mai vissuto una guerra sul suolo del proprio Paese, in particolare quelle occidentali. Ma i conflitti, le guerre e la violenza non appartengono affatto al passato.

Secondo l’Armed Conflict Location & Event Data Project (ACLED), solo nel terzo trimestre del 2022, in tutto il mondo:

  • Gli attacchi di violenza contro i civili sono stati più di 6.000 
  • Le esplosioni e gli attacchi a distanza sono state più di 13.000
  • Le rivolte sono state circa 3.000
  • Le battaglie sono state più di 6.000
  • La maggior parte dei conflitti mondiali si concentra in Asia e in Africa e le forme più comuni sono le dispute territoriali e le guerre civili. Sebbene il terrorismo incuta spesso timore, secondo il CFR solo tre dei conflitti in corso nel mondo sono legati al terrorismo.

Le cause dei conflitti

Secondo le Nazioni Unite, sebbene i decessi legati alle battaglie siano diminuiti, il numero di conflitti che si sono verificati negli ultimi anni è aumentato in realtà. La maggior parte dei conflitti è stata combattuta da attori non statali, come gruppi criminali organizzati e milizie politiche.

L’ONU ha rilevato che le cause più comuni di conflitto oggi sono:

  • Tensioni regionali
  • Rottura dello Stato di diritto
  • Istituzioni statali cooptate o assenti
  • Guadagni economici illeciti
  • Scarsità di risorse dovute al cambiamento climatico.

La minaccia della violenza è ancora molto reale. Molti Paesi ne sono consapevoli e continuano a costruire eserciti e a spendere ingenti somme per l'esercito e la difesa. Ad esempio per la guerra in Ucraina, l’Italia, quest’anno, spenderà 1 miliardo e 200 milioni di euro in più in spesa militare.

La pace

Cosa possiamo fare per liberarci dalle cause della guerra? Come possiamo mettere fine a questi conflitti?
Potrebbe la nostra epoca essere quella giusta per sviluppare una rinnovata consapevolezza sui principi di umanità, eguaglianza, equanimità e andare finalmente oltre il ripetersi della storia?

Perseguire la pace dovrebbe essere un orientamento innato in noi. Oggi è certamente un’azione inderogabile e di responsabilità, ed anche l’unica strada concreta per (ri)costruire un mondo migliore e più giusto per tutti.

Hackathon come strumento formativo

Questa è una storia che inizia da un luogo qualunque, in una provincia italiana e che arriva in Silicon Valley. La storia di Chiara, Francesca, Alberto, Giorgio, e altri ragazzi e ragazze che come tanti altri della loro età frequentano scuole pubbliche, licei, istituti tecnici. Hanno 17 anni e vivono la loro routine.

Poi un giorno, quasi per caso, si ritrovano in una palestra, in un auditorium, in uno spazio della loro città insieme ad 80 altri coetanei con un obiettivo: quello di risolvere un problema che interessa la loro terra. Quella provincia italiana qualunque in cui sono nati, a cui, a volte non sentono neanche di appartenere, perché in realtà fanno parte di una generazione globale, con la sua velocità, le sue storie, le sue tendenze.

Poi in quella palestra, in quell’auditorium in quello spazio della loro città dove li abbiamo incontrati, si rendono conto di una cosa: “ci sono tante cose da fare per la mia terra e io ho la capacità di progettare delle soluzioni di senso che possono fare qualcosa per renderla un posto migliore”. E in quella breve finestra di due giorni dove ognuno è protagonista succede un’esperienza unica. Succede che si mettono in gruppo con persone che non hanno mai visto prima e, a partire da un problema a cui non hanno mai pensato, si inventano un progetto, lo costruiscono, gli danno valore e ci credono. 
Poi si trovano a presentarlo su un palco a una platea di sconosciuti e succede che magari vincono e poi vincono anche una finale nazionale in cui si sono sfidati con gruppi di altre provincie qualunque di Italia. 
E in quella finale, dal palco sanno che andranno in Silicon Valley a conoscere le realtà tecnologiche leader nel mondo. 
E in quel momento i loro sogni sono già cambiati: hanno smesso di voler fare l’avvocato, il commercialista o il dottore, ma forse vogliono fare gli imprenditori. O forse saranno degli architetti per nuovi pianeti, dei costruttori di parti del corpo, degli agri-tecnologi. I più coraggiosi torneranno nella loro provincia qualunque di Italia per dare supporto ai loro territori con quello che hanno imparato.

Questi sono ragazzi e ragazze che in pochi mesi hanno cambiato la loro vita e tutti i loro riferimenti per il futuro. Ma anche se non hanno vinto la Silicon Valley e non li abbiamo più rivisti dopo quella giornata nella palestra, nell’auditorium, nello spazio della loro città, alla fine dell’hackathon qualcosa in loro era cambiato. Non solo si sono resi conto di essere in grado di progettare qualcosa per il proprio territorio ma anche scoperto di avere competenze che non pensavano di avere. Qualcuno si dimostra bravissimo nella ricerca, qualcuno scopre di essere particolarmente creativo, qualcun altro scopre di essere bravo/a a parlare in pubblico quando prima non l’aveva mai fatto. Altri capiscono come mettere a frutto tutte quelle ore a sperimentare con le righe di codice, con programmi di progettazione 3D o con strumenti di illustrazione digitale.  I meno timidi alla fine dell’hackathon già si rendono conto di come l’esperienza li ha cambiati e ce lo vengono a dire di persona. Alcuni se ne accorgono dopo qualche giorno e ci scrivono un messaggio, una e-mail, un commento sul questionario di valutazione. Altri se ne accorgeranno dopo mesi, quando si troveranno a scegliere il loro percorso universitario o lavorativo e avranno un orizzonte un po’ più ampio di scelte. Altri ancora lo scopriranno all’università o in qualsiasi altro contesto quando capiranno di avere più strumenti nella loro cassetta degli attrezzi.

Sono solo due giorni, è una finestra molto breve nelle loro vite, ma abbiamo capito che muove qualcosa. Per questo ci siamo detti: vale la pena che questa esperienza non sia un’esperienza unica per loro. E ci siamo chiesti: e se diventasse la norma? E se questo format fosse ripetuto più volte nella loro esperienza scolastica? E se tutte le scuole avessero la possibilità di realizzare hackathon?

Da questi interrogativi è nato il Teach for Hack, un laboratorio dove gli insegnanti imparano a progettare e organizzare un hackathon nelle loro scuole di appartenenza così che tutti abbiano la possibilità di avere quella finestra di cambiamento nelle loro vite.

E in questi giorni, su invito del Liceo ‘Pitagora’ di Rende, lo abbiamo portato ad Amantea, in provincia di Cosenza, insieme a 54 docenti da tutta Italia. 

Il laboratorio è organizzato così da imparare attraverso ascolto, simulazione e riflessione, come si svolgono e gestiscono i diversi momenti di questa esperienza: dalle metodologie di progettazione ai suggerimenti sulla logistica dell’aula.

Ognuno sta dimostrando di avere a cuore un obiettivo comune: che nei prossimi 5 anni l’hackathon o la sua versione evoluta e adattata nei contesti scolastici, sia uno strumento valido e accessibile per tutte le scuole italiane anche negli angoli più nascosti delle provincie qualunque del paese.

É il 19 Maggio 2018. In questi giorni inizia la storia di ‘Onde Alte’. Un progetto imprenditoriale che nasce con la forma di ‘società benefit’, un’agenzia che si dedicherà a progetti che hanno un proposito di cambiamento e di impatto positivo per la società. Combinando competenze come il design, i contenuti, i dati, la tecnologia per immaginare e realizzare progettualità dense, con un senso, di grande attenzione al bene comune oltre che alla sola sostenibilità economica. Il meglio di ciò che possiamo essere tecnicamente per qualcosa che conta.

Durante il mese di Agosto, approfittando dei tempi un po' più rilassati delle Nella mia carriera professionale mi sono occupato di progetti di innovazione, marketing e comunicazione per Brand internazionali molto noti. L'ho fatto lavorando in agenzie e realtà di primo piano, H-FARM, AKQA, WPP. Esperienze straordinarie dove ho imparato molto e sono cresciuto, dove ho incontrato tante persone speciali.

Ora ricomincio da zero.

Ma da uno zero che è epicentro di cambiamento, con un tratto corposo e che si vede bene anche da lontano.

Zero come i progetti che vogliamo fare che non abbiano un ritorno per la comunità.

Zero come “Zero a Zero”, il risultato che proprio non mi va giù quando si parla di “attivarsi per il cambiamento”, quell’atteggiamento diffuso di accettazione passiva delle cose e di repressione delle spinte in avanti che accetta che le cose ‘stiano ferme e uguali per tutti’.

Nel nostro primo progetto stiamo affrontando una sfida molto ambiziosa che riguarda i ragazzi delle scuole superiori, per provare a lavorare sulla loro consapevolezza e sul loro impegno su temi sociali del loro territorio di appartenenza. Lo facciamo in luoghi non semplici della nostra Italia, dove la speranza è poca. Ma ci sono tante altre cose all’orizzonte. Là dove adesso è alba di una nuova straordinaria Primavera.
Là dove adesso è alba di questo nuovo inizio.

Buon viaggio Onde Alte.

Massimiliano Ventimiglia