News Robotica

Il futuro ci guarda dritto negli occhi. Lo fa con lo sguardo vuoto ma curioso di un robot umanoide che apprende dalle nostre emozioni. Con le mani meccaniche che aiutano un’anziana a sollevarsi dal letto. Con sensori che leggono il linguaggio della natura meglio di noi. Ma siamo pronti a convivere e collaborare con queste intelligenze artificiali?

È da qui che parte la nostra riflessione, nei laboratori che conduciamo con ragazze e ragazzi in tutta Italia: non dalla tecnologia, ma dalle domande. E la prima è forse la più semplice e insieme la più destabilizzante: che cos’è davvero un robot?

Non solo macchine che eseguono ordini, ma sistemi programmabili che percepiscono l’ambiente, prendono decisioni (più o meno autonome) e agiscono nel mondo reale. Robot che apprendono, interagiscono, si adattano.

E soprattutto: ci costringono a ripensare cosa significa essere umani.

Neo Gamma

Dalla fabbrica alla scuola, dai fiumi ai centri di cura: i robot stanno entrando in spazi sempre più sensibili della nostra quotidianità. Non sono più solo bracci meccanici dietro una linea di montaggio, ma compagni di apprendimento, assistenti alla cura, sentinelle ambientali. In casa iniziano ad affacciarsi anche robot umanoidi, come NEOGamma, sviluppato da  1X Robotics: un assistente progettato per svolgere faccende quotidiane, apprendere dalle abitudini, interagire con chi lo circonda. I costi si abbassano, le prestazioni migliorano, la diffusione accelera. Ma insieme a queste innovazioni crescono anche le domande:

Come potrebbe cambiare la nostra concezione di relazione? Che tipo di società vogliamo costruire insieme a queste tecnologie? Quali principi, regole e valori guideranno il nostro rapporto con macchine sempre più intelligenti? Chi deciderà cosa è giusto, cosa è lecito, cosa è umano?

Siamo partiti da qui: una definizione aperta, tante domande e la consapevolezza che il futuro si sta già scrivendo nel presente. Lo abbiamo fatto attraverso due laboratori diversi per contesto, ma uniti dallo stesso orizzonte: riflettere, discutere e progettare intorno agli impatti della tecnologia nelle nostre vite.

Ragazze e ragazzi sono stati chiamati a viaggiare nel tempo, fino al 2040. Hanno esplorato scenari futuri, analizzato trasformazioni sociali e ambientali, e immaginato come la robotica potrebbe contribuire, o forse ostacolare, una società più giusta, attenta, sostenibile.

Un’esperienza concreta per dare forma, con mente e mani, a soluzioni nei campi della cura, dell’educazione e dell’ambiente.

Robo Impact Hack Cover

Robo-impact Hack: capire il presente, esplorare il domani

Laboratorio immersivo all’interno del campus itinerante di Scuola Futura, approdato a Pescara in occasione dei Campionati italiani della robotica. Ragazze e ragazzi delle scuole secondarie di secondo grado, provenienti da tutta Italia, si sono confrontati su una sfida centrale: il rapporto tra robotica e relazioni umane, con un focus sulla care robotics e la robotica educativa.

Robot che assistono persone anziane o con disabilità, tutor umanoidi in grado di apprendere dalle interazioni, intelligenze artificiali capaci di riconoscere emozioni e stimolare l’apprendimento nei bambini. Un terreno complesso, dove tecnologia e umanità si intrecciano in modo sempre più profondo. Le domande emerse sono tutt’altro che banali: possiamo davvero affezionarci a un robot? Fino a che punto siamo disposti a delegare la cura a una macchina? Quale sarà il limite tra tecnologia e umanità nell’apprendimento?

Bio Hack Como 2040

BioHack Como 2040: per un futuro sostenibile

Esperienza formativa realizzata nell’ambito del progetto “Carisma e STEM per cittadini del futuro“, che ha coinvolto studenti e studentesse dell’Istituto Matilde di Canossa di Como, chiamati a immaginare robot ambientali del futuro capaci di prendersi cura del proprio territorio. Il percorso si è sviluppato attorno a quattro fragilità ambientali chiave: inquinamento delle acque, perdita di biodiversità, eventi climatici estremi, sostenibilità dei sistemi agroalimentari. Divisi in otto gruppi, i partecipanti hanno progettato eco-robot capaci di raccogliere microplastiche, monitorare la qualità dell’acqua, proteggere specie a rischio, prevenire frane e dissesti, ecc.

Ma non si è trattato solo di risposte tecniche, i prototipi sono stati il punto di partenza per un confronto profondo su etica e sostenibilità: Tecnologie come queste, pur con buone intenzioni, possono alterare l’equilibrio di un ecosistema? Fino a che punto è giusto affidare decisioni autonome a macchine artificiali, anche se ecologiche? 

Attraverso il dibattito, l’analisi critica e il future thinking, studenti e studentesse hanno attraversato un percorso in quattro tappe, esplorazione, ideazione, prototipazione, presentazione,  che li ha condotti a immaginare scenari possibili nel 2040. Ma non si sono limitati a pensare soluzioni: hanno disegnato nuove alleanze tra esseri umani e tecnologie, fondate su valori condivisi.

Perché il futuro non si prevede: si costruisce, consapevolmente e collettivamente.

I robot, in questo contesto, non sono stati protagonisti, ma strumenti per indagare ciò che davvero conta: relazioni autentiche, giustizia sociale, equilibrio ambientale.

La tecnologia è solo un mezzo. Il fine siamo noi e il mondo che scegliamo di generare.

E se c’è una bussola che può guidarci in questa traversata, sono le domande, non le certezze. Quelle che sanno aprire possibilità, svelare conflitti, generare visioni.

 

Di seguito, alcuni dei progetti sviluppati durante i due laboratori: sguardi diversi, idee in divenire, tentativi concreti di dare forma al futuro.

Legami spezzati

Teresa, una donna anziana e malata che convive con EmiVa, un robot umanoide progettato per offrire assistenza fisica e supporto emotivo. Il team ha immaginato un futuro intimo e complesso, dove la tecnologia entra nelle case e nelle relazioni, fino a ridefinirne i confini. L’anziana, ex insegnante affetta da una malattia neurodegenerativa, sviluppa con il robot un legame profondo, arrivando a sovrapporlo alla figura della figlia lontana. Lucy, come inizia a chiamarlo, diventa una presenza rassicurante, ma al tempo stesso solleva interrogativi potenti: cosa succede quando una macchina prende il posto di un affetto umano? Dove finisce il sostegno e dove inizia la sostituzione?

Il progetto invita a riflettere sul ruolo dei robot nella cura, e sulla necessità di mantenere una consapevolezza critica per non perdere il senso umano della relazione.

Legami spezzati

Meet Flamingo

Nel futuro immaginato dal team, Flamingo è un robot-assistente che affianca una maestra con disabilità motoria in una Scuola Primaria di Roma nel 2040. Ispirato a un fenicottero, Flamingo è dotato di display touch, sensori, IA e riconoscimento vocale ed emotivo: accompagna le lezioni, coinvolge i bambini con giochi educativi, gestisce la classe e aiuta fisicamente l’insegnante. Il progetto mette in scena un’alleanza tra umano e macchina che apre nuove possibilità di inclusione, ma solleva anche interrogativi cruciali: fino a che punto un robot può sostituire l’autonomia didattica di un docente? I dati raccolti dai bambini possono essere utilizzati in modo etico? E se un giorno la scuola scegliesse di sostituire la maestra con il robot, cosa resterebbe dell’educazione come relazione umana?

Meet Flamingo

N.E.L.O.

Nel 2040, le acque del Lago di Como sono profondamente cambiate: inquinamento, specie invasive, erosione e innalzamento delle temperature ne hanno compromesso l’equilibrio. Beatrice, una giovane biologa di Lenno, decide di agire progettando N.E.L.O. (Navigatore Ecologico del Lago di Origine), un robot sommergibile ispirato al pesce siluro, pensato per studiare, ripulire e ripopolare l’ecosistema. Equipaggiato con sensori ambientali, telecamere intelligenti, bracci meccanici e micro-aspiratori, N.E.L.O. è in grado di raccogliere dati, identificare le specie presenti, rimuovere microplastiche e supportare la biodiversità locale. Ma il progetto solleva anche interrogativi cruciali: affidare la cura dell’ambiente a un robot rischia di allontanare le persone dalla responsabilità ecologica? Cosa accade quando la tecnologia si sostituisce all’impegno umano?

Un’innovazione al servizio della natura che ci ricorda che la tecnologia può essere un alleato prezioso, ma da sola non può salvarci. A farlo, deve essere la nostra scelta di prenderci cura di ciò che ci circonda.

N.E.L.O.

TERRA

I sentieri sopra Como raccontano un paesaggio trasformato: frane frequenti, pini scomparsi, versanti instabili. In questo scenario fragile si muove TERRA – Tecnologia Ecologica per la Rilevazione del Rischio di Assestamento – un robot biomimetico progettato per monitorare il suolo e prevenire disastri geologici. Compatto, rettiliforme e mimetico, TERRA cammina tra radici e rocce, raccoglie dati su fratture e umidità, e invia allerte in tempo reale alle comunità locali. Ma non è solo uno strumento tecnico: educa studenti ed escursionisti, segnala percorsi sicuri e stimola una nuova consapevolezza ambientale. Elia, giovane appassionato di trekking e geologia, lo segue nei suoi percorsi come un custode del territorio, ma anche lui si interroga: quanto possiamo affidarci alle macchine per interpretare la natura? E a quale prezzo ambientale?

TERRA è una visione di futuro che unisce innovazione e responsabilità, ricordandoci che la tecnologia, per essere davvero sostenibile, deve rispettare il territorio che vuole proteggere e le comunità che lo abitano.

TERRA
Ai Art Gallery

Quali esperienze di formazione possono davvero supportare docenti e dirigenti scolastici nella transizione digitale? Quali incontri, riflessioni e confronti possono favorire lo sviluppo di fiducia, consapevolezza e senso critico nell’esplorazione delle nuove tecnologie applicate a modelli innovativi di didattica che mettono studenti e studentesse al centro nella loro crescita?  

Da queste domande, ad Aprile 2024, è nato AI ART Gallery, un progetto formativo realizzato in collaborazione con l’I.I.S. E. Duni – C. Levi di Matera, pensato per accompagnare la scuola nella scoperta e nell’uso consapevole dell’Intelligenza Artificiale in ambito didattico, con un focus su arte e cultura.

Attraverso l’approccio Challenge Based Learning (CBL) e Project Based Learning (PBL), il percorso ha esplorato il potenziale trasformativo dell’AI, non solo come strumento tecnologico, ma come leva per ripensare l’insegnamento e l’apprendimento in chiave innovativa. Queste metodologie collaborative si sono rivelate preziose per i docenti, perché favoriscono lo sviluppo di competenze tecniche, aumentano la motivazione di studenti e studentesse e stimolano la riflessione critica, l’integrazione tra teoria e pratica e la preparazione a situazioni reali di lavoro. I laboratori di AI ART Gallery sono stati pensati per estendere questi benefici a tutta la comunità educante, creando spazi di riflessione e confronto, momenti di sperimentazione pratica e crescita collettiva.

Un percorso che ha saputo unire tecnologia, arte e sensibilità umana, con un’ attenzione particolare alle implicazioni etiche, sociali ed educative delle nuove tecnologie.

Grazie alla varietà di esperienze didattiche proposte, AI ART Gallery ha permesso di:

  • esplorare nuovi strumenti digitali e scoprire le potenzialità dell’Intelligenza Artificiale nei processi creativi e artistici
  • sperimentare come l’Intelligenza Artificiale può affiancare il docente e potenziare l’esperienza di apprendimento
  • ampliare la conoscenza di metodologie didattiche innovative 
  • condividere momenti di confronto e crescita in una prospettiva interdisciplinare e in spazi non convenzionali, che han saputo offrire nuovi stimoli e opportunità di rinnovamento nei docenti.

Questi sono solo alcuni degli spunti e delle riflessioni emersi dal percorso, che ha aperto spazi di ricerca e sperimentazione ancora più ampi. Il progetto ha incluso sette differenti esperienze didattiche svolte tra Aprile 2024 e Marzo 2025:

  • tre laboratori ibridi, tra incontri in presenza e sessioni online, per conoscere il mondo dell’AI applicata alla didattica.
  • tre esperienze didattiche immersive, in presenza, in luoghi suggestivi, per esplorare l’interazione uomo-natura come fonte d’ispirazione per la creazione artistica e la realizzazione di un’opera d’arte con il supporto di tecnologie innovative.
  • un grande evento culturale e formativo, dedicato alle connessioni tra arte, cultura e intelligenza artificiale.

I LABORATORI

Tre maratone digitali ibride di 20 ore ciascuna, articolate tra incontri in presenza e on-line, con momenti di riflessione collettiva e lavoro in gruppo.

Esplorare l'AI generativa

Esplorare l’AI Generativa

Dal 22 aprile al 27 giugno 2024, insieme a 130 docenti dell’I.I.S. “G.B. Pentasuglia” di Matera, abbiamo esplorato l’AI non solo come strumento, ma anche come copilota del processo artistico, capace di ampliare possibilità espressive e creative.
Oltre a fornire una base sui fondamenti dell’Intelligenza Artificiale, il laboratorio ha proposto un’esplorazione pratica di strumenti AI (sperimentando la fusione di diversi linguaggi artistici, per creare un video ispirato a un’opera letteraria o artistica) e una riflessione critica sulle implicazioni etiche e sociali, analizzandone opportunità e sfide.

Creatività senza confini

Creatività senza confini

Dal 23 aprile al 5 giugno 2024 assieme a 100 docenti dell’ I.I.S. Duni Levi di Matera, abbiamo svolto un percorso dedicato all’integrazione dell’AI Generativa nei processi creativi e nella produzione di risorse didattiche innovative, in particolar modo delle discipline artistiche e umanistiche.
Progettato secondo l’approccio Project Based Learning per favorire il coinvolgimento dei partecipanti, il laboratorio ha offerto ai docenti strumenti concreti e materiali pratici, pensati per essere replicati in aula o utilizzati favorendo nuove modalità di esplorazione e sperimentazione creativa.

Oltre i confini con la creatività generativa

Oltre i confini con la creatività generativa

Tra l’11 e il 30 Ottobre 2024 assieme a 110 docenti dell’ IIS “PITAGORA” di Rende, abbiamo esplorato come l’AI possa supportare e semplificare diversi aspetti dell’insegnamento: dalla pianificazione delle lezioni, alla generazione di contenuti didattici interattivi e coinvolgenti, da strumenti per la facilitazione all’apprendimento, al supporto ai bisogni educativi speciali, fino a strumenti di valutazione e feedback guidati dall’AI.
Un percorso con un approccio pratico che ha voluto sottolineare l’importanza di un uso consapevole e inclusivo dell’AI, ribadendo il ruolo insostituibile del docente nel guidare gli studenti, valorizzando l’aspetto umano dell’apprendimento e promuovendo un’educazione attenta alle esigenze di ciascuno.

Le esperienze didattiche immersive

Tre MABART, laboratori in presenza della durata di 20 ore ciascuno. Esperienze didattiche immersive che, grazie all’esplorazione di luoghi d’ispirazione unici e all’uso di metodologie e strumenti dialogici e trasformativi, ci hanno permesso di sperimentare come l’arte possa ampliare il nostro sguardo e connetterci con l’essenza più profonda delle cose.

MAB Eco Art

MAB ECO ART (29 – 31 agosto 2024)

L’ Ecoarte è una pratica artistica sviluppata da scienziati, filosofi e attivisti, che esplora il rapporto tra l’uomo, le altre forme di vita e le risorse naturali del pianeta, con l’obiettivo di affrontare questioni ambientali e proporre paradigmi sostenibili per il nostro mondo.

Questo è il linguaggio artistico che abbiamo scelto per il primo MABART. Un laboratorio di co-progettazione, che unisce un’esperienza formativa di Outdoor learning con l’approccio Challenge Based Learning, accompagnando i partecipanti in un esercizio di immaginazione creativa per dare vita a un’opera d’arte che abbraccia un’etica ecologica di tutela e cura dell’ambiente.

Cinquanta docenti e dirigenti scolastici di ogni ordine e grado si sono immersi in questa esperienza didattica per apprendere nuovi approcci, metodologie e strumenti utili ad innovare le loro pratiche didattiche. Esplorando anche come il digitale e le tecnologie innovative possano supportare e potenziare un lavoro artistico, umanistico ed espressivo, mantenendo l’insegnamento e l’apprendimento centrati sull’interazione e sull’unicità di docenti, studenti e studentesse.

La fase iniziale del percorso, dedicata all’introduzione all’Ecoarte, è stata arricchita dalla presentazione di casi studio nazionali ed internazionali, offrendo ai partecipanti spunti e ispirazioni per comprendere al meglio il linguaggio artistico, le sue diverse pratiche ed obiettivi. 

Di seguito tre casi studio di esempio:

Thomas Dambo

Thomas Dambo – The 7 Trolls and the Magical Tower

Artista danese, che si definisce “attivista dell’arte del riciclo”, nel 2011 ha lasciato il suo lavoro e ha deciso di dedicarsi come artista a perseguire la sua missione: mai più rifiuti (waste no more). Nel 2018 è stato invitato nel parco pubblico De Schorre, a Boom in Belgio. Ispirato da questo luogo e dalla sua natura, ha deciso di dedicare un’opera d’arte diffusa, in cui dei troll e una “torre magica” costruiti con legno e altri materiali di recupero animano il contesto naturale e ricordano l’importanza di rispettare e preservare il nostro Pianeta. Completa l’opera una performance di slam poetry proprio di Dambo.

Cattedrale vegetale

Giuliano Mauri – Cattedrale Vegetale (Arte Sella)

Artista italiano e figura di spicco dell’arte ambientale, Giuliano Mauri è conosciuto per le sue opere realizzate con rami e tronchi d’albero. L’uso di materiali naturali, destinati a deteriorarsi nel tempo, riflette la sua visione di un’arte effimera, in cui la natura è chiamata a completare e trasformare l’opera, instaurando un dialogo continuo con l’artista. Tra le sue creazioni più celebri vi è la Cattedrale vegetale, realizzata nel 2011 ad Arte Sella, in Val Sella (Trentino): un’imponente installazione composta da strutture intrecciate di rami che riproducono l’architettura di una navata gotica. Al loro interno sono stati piantati 80 alberi, la cui crescita progressiva è guidata e sostenuta da queste strutture, dando vita a uno spazio sacro in cui celebrare la natura e il profondo legame tra essa e l’essere umano.

Our family garden

Smirna Kulenovic – Our Family Garden

Artista e attivista bosniaca, concentra il suo lavoro sull’arte performativa e partecipativa in spazi pubblici. Nel 2021, con la performance “Our family garden” ha coinvolto 100 donne vestite di rosso, provenienti in particolare da Bosnia, Serbia e Croazia – ma anche da altri Paesi – in una camminata lungo i luoghi dove un tempo correvano le trincee della guerra nei territori dell’ex Jugoslavia. Durante il percorso, le donne hanno piantato 1000 semi di calendula, in un rituale simbolico di guarigione delle ferite che la guerra e la violenza hanno lasciato nelle persone e nel paesaggio.

La fase di Outdoor learning, svolta tra il Parco della Murgia Materana e al Pulo di Altamura nel Parco dell’Alta Murgia, ha guidato i partecipanti in una mappatura collettiva e partecipata di più luoghi naturali, intrecciando dati percettivi e conoscenze culturali del territorio. Un’esperienza di ascolto profondo per raccogliere ispirazioni, emozioni e percezioni, arricchita da attività immersive e strumenti guida che hanno saputo attivare diverse dimensioni: cognitiva, emotiva e sensoriale. Un percorso reso ancora più intenso da una serata magica di osservazione delle stelle immersi nel Parco della Murgia.

Nell’ultima fase del laboratorio, i team di lavoro hanno definito il messaggio e il concept della loro opera e infine, supportati da diversi strumenti digitali, hanno dato forma al prototipo e al racconto della loro opera di Ecoarte.

Di seguito la video sintesi dell’esperienza didattica.

Mab Ecopoesia

MAB ECO Poesia (8 – 10 ottobre 2024)

Dove finisce la parola e inizia il respiro della natura? L’Ecopoesia nasce in questo spazio, come un ponte tra l’uomo e gli ecosistemi che ci sostentano, un dialogo che ripara e ricuce. Da sempre la natura è stata una fonte privilegiata di ispirazione per la poesia, ma nell’era della crisi climatica questa voce si fa più consapevole, trasformandosi in un atto di impegno e responsabilità per la difesa dell’ambiente.

Per il secondo MABART abbiamo scelto proprio questa corrente letteraria come forma di espressione artistica. Assieme ai cinquanta docenti e dirigenti scolastici partecipanti al laboratorio abbiamo analizzato questa forma artistica lasciandoci ispirare da poeti viventi e non. Abbiamo condiviso opere e pensieri di Maria Ivana Trevisani Bach, tra le promotrici del Manifesto dell’Ecopoesia Italiana. Ci siamo lasciati guidare dalla voce limpida di Mary Oliver, poetessa conosciuta per il suo profondo legame con la natura e la sua introspezione spirituale, e dalla “rivoluzione delicata” della poetessa e saggista Chandra Candiani. Abbiamo approfondito la storia e i pensieri del filosofo, ecologista e poeta statunitense Gary Snaider definito il “poeta dell’ecologia profonda”, e ascoltato le parole di Mariangela Gualtieri, Franco Arminio e molti altri poeti, scrittori e filosofi riconducibili a questa corrente letteraria.

The Summer Day / Giorno d’Estate

Chi ha creato il mondo?
Chi ha fatto il cigno e l’orso nero?
Chi ha fatto la cavalletta?
Intendo, questa cavalletta
quella che si è buttata fuori nell’erba,
quella che sta mangiando zucchero dalla mia mano,
chi muove le sue fauci avanti e indietro invece di su e giù –
chi sta guardando con i suoi occhi enormi e complicati.
Ora alza i suoi pallidi avambracci e si lava completamente la faccia.
Ora schiocca le ali aperte e galleggia via.
Non so esattamente cosa sia una preghiera.
So come prestare attenzione, come cadere
nell’erba, come inginocchiarsi nell’erba,
come essere oziosa e benedetta, come passeggiare tra i campi,
che è quello che ho fatto tutto il giorno
Dimmi, cos’altro avrei dovuto fare?
Non tutto muore alla fine e troppo presto?
Dimmi, cosa pensi di fare
con la tua unica vita selvaggia e preziosa?

Mary Oliver, tratto dal libro House of Light (1990)

Seguendo una struttura metodologica simile a MAB Ecoarte, i partecipanti sono stati accompagnati fino alla realizzazione di una scrittura creativa con l’obiettivo di sensibilizzare sull’importanza di ristabilire un dialogo autentico con l’ambiente.

Ogni team, con il supporto di strumenti digitali, ha dato vita ad un’esperienza poetica multisensoriale, arricchita da immagini, suoni e video, per immergere il pubblico nell’atmosfera dell’opera.

L’esperienza outdoor si è svolta in un meraviglioso contesto naturalistico nel Parco Nazionale del Pollino, dove i partecipanti hanno potuto riconnettersi con la natura e ascoltare il proprio sentire, guidati da mappe di osservazione e strumenti didattici realizzati ad hoc, oltre che dalle letture poetiche multisensoriali dell’ospite Silvana Kuhtz e del suo collettivo.

L’esperienza outdoor si è svolta in un meraviglioso contesto naturalistico nel Parco Nazionale del Pollino, dove i partecipanti hanno potuto riconnettersi con la natura e ascoltare il proprio sentire, guidati da mappe di osservazione e strumenti didattici realizzati ad hoc, oltre che dalle letture poetiche multisensoriali dell’ospite Silvana Kuhtz e del suo collettivo.

Di seguito la video sintesi dell’esperienza didattica.

MAB Cosmofonia

MAB COSMOFONIA (20 – 22 marzo 2025)

Il terzo MAB è stato un laboratorio immersivo in cui il suono si è trasformato in un ponte tra riflessione profonda e creatività.

L’educazione all’ascolto gioca un ruolo fondamentale nell’insegnamento e nell’apprendimento: sviluppa attenzione, consapevolezza e connessione con gli altri e con il mondo. Il suono, inoltre, è un potente linguaggio artistico capace di raccontare storie ed emozioni, diventando così un mezzo di espressione e creatività.

Partendo da questi presupposti, abbiamo immaginato un’esperienza didattica che stimolasse una riflessione sull’educazione all’ascolto e offrisse strumenti pratici per integrarla a scuola.
Assieme a circa cinquanta docenti e Dirigenti scolastici di ogni ordine e grado, abbiamo esplorato il mondo del suono soffermandoci sulle vibrazioni e sui messaggi che possono portare con sé attraverso un ascolto profondo e una connessione autentica con l’ambiente. Abbiamo indagato il significato di Paesaggio sonoro (soundscape), ovvero l’insieme di suoni che caratterizzano un luogo, e la Cosmofonia, quella vasta gamma di suoni presenti nell’universo, invitando i partecipanti a riflettere sulla nostra relazione con il mondo vivente e sulle connessioni (o ri-connessioni) tra l’uomo, la natura e il cosmo.

La Riserva Naturale di Torre Guaceto è stata un luogo di ispirazione straordinario per la nostra attività di Outdoor learning, durante la quale i partecipanti hanno potuto sperimentare pratiche di ascolto profondo, mappatura e registrazione tecnica di suoni ambientali.

Lo studio e l’esplorazione dei temi sono stati arricchiti da diversi momenti di approfondimento:

  • La presentazione di casi studi di ispirazione nazionali ed internazionali per esplorare le diverse applicazioni dell’arte della composizione sonora in ambito educativo e didattico.
  • Un intervento di Caspar Henderson, scrittore e giornalista britannico che si occupa di temi legati alla scienza, all’ambiente e ai diritti umani e autore del libro Cosmofonia
  • Un’esperienza di immersione profonda nel mondo del suono e della vibrazione: un viaggio sonoro guidato da esperti che, utilizzando strumenti musicali provenienti da diverse culture e tradizioni, hanno saputo evocare paesaggi sonori differenti capaci di riconnetterci con le nostre vibrazioni più profonde.

Accompagnati in un percorso di progettazione, ogni gruppo di lavoro ha inizialmente realizzato una composizione sonora con il supporto di differenti strumenti tecnologici e successivamente ha creato una mappa interattiva digitale, che combina la rappresentazione visiva di Torre Guaceto con suoni registrati e suoni d’archivio, dando vita ad un’esperienza che esplora il legame tra l’uomo la natura e il cosmo. 

MAB Cosmofonia è stato un viaggio di ascolto, scoperta e connessione. Un’esperienza che ha aperto nuove prospettive sull’educazione all’ascolto e sulla relazione tra suono, ambiente e creatività. Un punto di partenza per continuare a esplorare e sperimentare, dentro e fuori la scuola.

Di seguito la video sintesi dell’esperienza didattica.

Gallery AI

GALLERY AI (09 dicembre 2024)

Gallery AI @matera è un evento culturale e formativo curato e condotto da Massimiliano Ventimiglia, pensato per ispirare e promuovere la comprensione di come la tecnologia possa interagire con le arti e la cultura. 

L’evento si è articolato in una sessione pomeridiana con la partecipazione di circa 150 tra docenti, studenti e ospiti.

Attraverso un programma arricchito dalla partecipazione di filosofi, artisti, musicisti e scrittori, Gallery AI ha saputo stimolare riflessioni sui nuovi equilibri tra umanità e tecnologia, coinvolgendo scuole e territorio in un dialogo aperto e innovativo.

I relatori hanno affrontato diverse tematiche attraverso testimonianze e prospettive capaci di ampliare gli orizzonti dei partecipanti. 

AI e Filosofia

Il confronto si è aperto con una riflessione profonda sul significato dell’intelligenza artificiale e sul suo impatto sulla creatività e sul pensiero umano, affrontando insieme ad Andrea Colamedici – filosofo, saggista ed editore italiano impegnato nella divulgazione culturale – alcune delle domande filosofiche più cruciali. Insieme a Maura Gancitano ha fondato Tlon, una scuola di filosofia che è anche casa editrice e libreria teatro. Andrea ha offerto uno sguardo intenso e trasformativo sulla relazione tra AI e identità personale, aiutandoci a ripensare il modo in cui interpretiamo l’intelligenza artificiale e il suo ruolo nella società contemporanea.

AI e Creatività

Abbiamo poi approfondito come l’intelligenza artificiale stia espandendo il panorama artistico, introducendo nuovi strumenti e linguaggi per l’espressione creativa in diversi ambiti. 

L’intervento di Marco Savini, Fondatore e CEO di BigRock – scuola di computer grafica unica nel suo genere – e pioniere nell’uso dell’AI applicata all’animazione, è stato di grande ispirazione per comprendere come l’Intelligenza Artificiale possa trasformare il mondo della computer grafica, ridefinendo l’interazione tra tecnologia e arti visive.

Con Alex Braga, musicista, produttore e imprenditore sperimentale, abbiamo esplorato l’applicazione dell’AI alla musica,  in particolare nel campo della composizione e della performance musicale. Abbiamo scoperto come l’Intelligenza artificiale possa diventare una vera e propria componente creativa, ampliando i confini dell’espressione sonora e aprendo nuove possibilità artistiche.

L’integrazione delle nuove tecnologie nelle arti performative e nella danza è stata al centro del dialogo con Cora Gasparotti, performer, coreografa e ricercatrice in Digital Humanities. Con lei, abbiamo esplorato il potenziale dell’AI come fonte di arricchimento creativo nella costruzione di una coreografia, evidenziando il suo ruolo nell’evoluzione del linguaggio corporeo e scenico.

Infine, per concludere il nostro viaggio nell’incontro tra AI e creatività, ci siamo confrontati con Simone Arcagni, professore all’Università di Palermo, esperto di nuovi media e tecnologie, consulente, curatore e divulgatore. Grazie al suo contributo, abbiamo approfondito come l’intelligenza artificiale stia ridefinendo il linguaggio cinematografico e le nuove forme di narrazione visiva.

AI e Etica

Abbiamo poi orientato il dialogo verso una riflessione critica sui risvolti etici dell’intelligenza artificiale, sui confini della tecnologia e sulle responsabilità che il suo utilizzo comporta nella società. Ad accompagnarci in questa esplorazione è stato Paolo di Paolo, scrittore di narrativa e saggistica, attento osservatore dell’impatto delle tecnologie sulla memoria culturale, con cui abbiamo discusso il complesso rapporto tra AI e futuro.

Insieme a Paolo ci siamo posti interrogativi urgenti e profondi: come riscoprire il valore della presenza in un mondo iper-tecnologico e proiettato al futuro? Come mantenere viva la dimensione della scoperta e della meraviglia in un processo che tende alla fredda automatizzazione? E, soprattutto, come preservare responsabilità e consapevolezza in un contesto in cui delegare all’AI sembra sempre più semplice ed immediato? 

Domande  tutt’altro che semplici, che però continuiamo a porci e a indagare, cercando di non restare intrappolati tra la nostalgia del passato e il timore del futuro, due forze opposte che spesso ci immobilizzano. Cerchiamo invece di comprendere come guardare alle nuove tecnologie non come una minaccia, ma come a una possibile primavera di nuove possibilità.

Le immagini dei casi citati sono di proprietà dei rispettivi autori.
Fonti delle immagini utilizzate in questa pagina:

– Cattedrale vegetale: giulianomauri.com
– The 7 Trolls and the Magical Tower: thomasdumbo.com
– Our Family Garden: tippingpoint.net

Progetto minerva - STEM al femminile

Si conclude con oggi una bellissima dieci giorni che ha visto la squadra di formazione di Onde Alte protagonista tra i banchi di scuola del Liceo Ginnasio Statale A. Canova di Treviso. Una scuola con una storia lunga oltre 200 anni, fondata nel 1807.

Dal 25 novembre al 4 dicembre 2024, il Liceo Canova ha ospitato tre laboratori immersivi che hanno coinvolto 151 studenti e studentesse, con una partecipazione a forte prevalenza femminile (134 ragazze e 17 ragazzi). Tre esperienze didattiche, parte del Progetto MINERVA, che hanno avuto come obiettivo principale quello di decostruire gli stereotipi di genere nelle discipline STEM (Scienza, Tecnologia, Ingegneria, Matematica) e di ispirare le giovani menti del Canova a esplorare nuove prospettive di uguaglianza e inclusione.

Il progetto di formazione MINERVA si propone infatti di creare un ecosistema educativo inclusivo e collaborativo, focalizzato sulle competenze STEM. Un progetto a cui Onde Alte ha lavorato in collaborazione con Fondazione ENAC Veneto C.F.P. Canossiano, una fondazione senza fini di lucro che si dedica all’orientamento e alla formazione professionale dei giovani, all’aggiornamento e riqualificazione e all’inserimento nel mondo del lavoro di adulti e persone in situazione di svantaggio.

I tre laboratori, della durata di 20 ore ciascuno, hanno rappresentato altrettanti percorsi di esplorazione e creatività.

Hack Gender Inequality

Hack Gender Inequality

Utilizzando il format dell’hackathon, le/i partecipanti hanno lavorato in team per progettare soluzioni innovative volte a promuovere la parità di genere nelle discipline STEM. Attraverso attività di brainstorming, ricerca, ideazione e prototipazione, ogni gruppo ha proposto idee per sfidare gli stereotipi e favorire l’equità.

Stand for Gender Equality

Stand for Gender Equality

Questo laboratorio ha invitato le/i partecipanti a ideare campagne di comunicazione per sensibilizzare sul tema dell’uguaglianza di genere. Con l’ausilio di strumenti di design thinking, le studentesse e gli studenti hanno creato messaggi chiari e potenti capaci di generare consapevolezza e ispirare azioni concrete.

Stories of Equality

Stories of Equality

Incentrato sulla narrazione, questo laboratorio ha guidato le/i partecipanti nella creazione di podcast. Attraverso l’arte dello storytelling, ragazze e ragazzi hanno dato vita a storie coinvolgenti che esplorano il rapporto tra STEM e parità di genere, portando alla luce esperienze e modelli di riferimento ispiratori.

Queste esperienze didattiche sono state immaginate in primis come un’occasione di confronto e dialogo critico. Ogni percorso è iniziato da una riflessione condivisa sul significato di parole chiave legate alla parità di genere e all’inclusione, evidenziando l’importanza del linguaggio come strumento di cambiamento. Questo ha permesso poi di esplorare aspetti e domande fondamentali, interrogandosi sulle diverse barriere culturali e strutturali che ostacolano l’equità.

Muro Parole Muro Parole Mobile

La partecipazione di tante studentesse ha rappresentato uno dei punti di forza di questa iniziativa, dimostrando come ambienti educativi inclusivi e collaborativi possano abbattere le barriere che spesso allontanano le giovani donne dalle discipline STEM. Le ragazze e i ragazzi hanno accolto con entusiasmo questa opportunità, portando avanti progetti che non solo riflettono la loro creatività, ma che aspirano anche a generare un impatto concreto nella società.

È essenziale decostruire tutti i paradigmi culturali che hanno relegato il femminile a margini strutturali. Le STEM, tradizionalmente percepite come dominio maschile, devono essere riformulate come spazi aperti, dove il contributo di ogni individuo possa essere riconosciuto non in base al genere, ma al valore intrinseco delle idee e delle capacità.

Le STEM non sono solo discipline: sono il cuore pulsante del progresso tecnologico, economico e scientifico. Eppure, come mostrano recenti statistiche, in Italia le donne che studiano materie STEM sono meno del 40%. Questo squilibrio non è solo un riflesso delle barriere culturali, ma un’occasione mancata di includere prospettive diverse e indispensabili.

Il concetto di “leaky pipeline”, il “tubo che perde”, descrive la tendenza di molte giovani donne ad abbandonare progressivamente percorsi di studio e carriere STEM lungo il loro percorso. Non è una questione di talento – le capacità delle ragazze nelle STEM sono comprovate – ma di un sistema che non offre supporto, modelli e incentivi sufficienti. Ogni anello di questa catena, dall’educazione primaria fino al mondo del lavoro, richiede l’impegno attivo di educatori, famiglie e istituzioni.

Un punto centrale di questa trasformazione è l’impegno attivo degli uomini. Chimamanda Ngozi Adichie, in “Dovremmo essere tutti femministi”, ci ricorda che il femminismo non è una lotta esclusivamente femminile, ma una causa umanitaria.

L’impegno maschile nella promozione della parità di genere non è solo un atto di solidarietà, ma un modo per liberare anche gli uomini dai ruoli di genere oppressivi e restrittivi

In questi laboratori l’inclusione degli studenti maschi ha avuto un significato particolare: non erano semplici partecipanti, ma partner in una riflessione comune. Attraverso esperienze condivise, come la creazione di campagne di sensibilizzazione o la progettazione di soluzioni innovative, i giovani uomini hanno avuto l’opportunità di confrontarsi con la realtà della disparità di genere e di comprendere come il loro ruolo sia cruciale nel costruire una società equa.

Attraverso il lavoro collettivo, le storie raccontate nei podcast e le campagne di sensibilizzazione, studentesse e studenti hanno avuto modo di immaginare un futuro diverso: un mondo in cui le ragazze non debbano lottare contro gli stereotipi per essere scienziate, ingegnere o programmatrici.

In questo senso, il vero successo di queste esperienze didattiche che abbiamo progettato non risiede solo nei risultati tangibili, ma nella consapevolezza coltivata tra i partecipanti. Come sosteneva Bell Hooks, “La consapevolezza è il primo passo verso la libertà”. Per i giovani uomini e donne coinvolte, MINERVA è stato un primo passo verso un mondo più giusto, in cui ogni talento possa emergere e contribuire a costruire una società migliore.

Vi invitiamo a prendere visione di alcuni dei lavori svolti in questi giorni per comprendere da quanto le ragazze e i ragazzi hanno progettato, il loro sentire autentico.

Brilliant minds

Un gioco da tavolo interattivo ispirato al memory, rivolto a bambini e bambine dai quattro anni in su. Il gioco celebra role model femminili che hanno segnato la storia nelle discipline STEM. Ogni coppia di carte raffigura una figura ispiratrice e, grazie a QR code interattivi, i giocatori possono ascoltare storie audio che narrano la vita e le scoperte delle donne rappresentate. Il team ha realizzato un prototipo completo, che include 12 coppie di carte, un tabellone, alcune audio-storie e la scatola del gioco. Brilliant Minds mira a sensibilizzare fin dalla prima infanzia sull’importanza delle donne nella scienza e a stimolare curiosità e consapevolezza attraverso il gioco.

Se puoi sognarlo puoi farlo

Un account Instagram che, attraverso il racconto di role model femminili, possa ispirare ragazze e giovani donne a intraprendere percorsi nelle discipline STEM, incoraggiandole a seguire le loro passioni e i propri interessi. Il prototipo realizzato consiste nella prima Post Gallery che si concentra sulle donne nella fisica, mettendo in luce figure straordinarie che hanno contribuito in modo significativo al progresso scientifico. Attraverso un linguaggio visivo accattivante, il progetto vuole trasformare Instagram in uno spazio di ispirazione e cambiamento culturale.

Tous par tous

Un podcast con un format di free talk, realizzato da studenti e rivolto ai propri coetanei, per riflettere sul ruolo della scuola e degli insegnanti nel rafforzare o decostruire gli stereotipi di genere. Attraverso dialoghi autentici e diretti, il podcast mira a sensibilizzare e motivare studentesse e studenti, promuovendo consapevolezza e cambiamento culturale all’interno dell’ambiente scolastico.

A conclusione di questo viaggio, vogliamo lasciare alle ragazze e ai ragazzi del Canova un haiku che dedichiamo loro e condividiamo volentieri con tutte e tutti coloro che, come noi, proveranno a fare qualcosa per un mondo più equo e inclusivo. Questa breve poesia è un inno alla forza delle donne, alla loro resilienza e al valore intrinseco che portano nel mondo, qualità che devono essere celebrate e valorizzate in ogni ambito, incluse le discipline STEM.

Ali di pensieri,
donne volano in alto.
Cieli infiniti.

L’avvio del nuovo anno scolastico ha visto Onde Alte impegnata nell’organizzazione di due laboratori didattici che hanno coinvolto docenti di ogni ordine e grado provenienti da tutta Italia. Questi laboratori, che rappresentano una fusione di outdoor learning e challenge-based learning, hanno offerto ai partecipanti un’esperienza formativa innovativa, mettendo al centro la riflessione collettiva, la ricerca di uno spazio dedicato al sentire e la creazione artistica.

Mab Eco Art Matera

MAB Eco Art – Matera

Il primo dei due laboratori, svoltosi a Matera in collaborazione con l’Istituto di Istruzione Superiore Duni Levi, ha esplorato il legame tra arte e natura attraverso il format del MAB Art. Questo format prevede l’osservazione e la mappatura partecipata di luoghi significativi per i temi che si vogliono approfondire per poi tradurre le percezioni raccolte in opere d’arte.

Nel corso dei tre giorni di attività, i docenti hanno avuto la possibilità di immergersi nel suggestivo scenario naturale del Parco della Murgia Materana e del Pulo di Altamura, mappando i luoghi non solo dal punto di vista geografico, ma anche attraverso sensazioni ed emozioni personali. Questa fase di esplorazione ha rappresentato il cuore del processo creativo, dove l’interazione tra natura e uomo è stata fonte d’ispirazione artistica.

Uno dei momenti più significativi è stata l’osservazione notturna del cielo stellato al Parco della Murgia. Questo scenario ha offerto ai partecipanti uno spazio per la riflessione e il dialogo sul ruolo dell’uomo nella natura e sull’importanza della sostenibilità. La bellezza dei luoghi visitati, la loro storia, le loro caratteristiche scientifiche, tutto ciò che li caratterizza hanno suscitato emozioni profonde, poi tradotte nei loro lavori artistici.

Insieme, i docenti hanno co-creato una serie di opere che non solo riflettono il loro percorso formativo, ma promuovono una maggiore consapevolezza ambientale. Le opere realizzate, infatti, incarnano un forte impegno verso l’arte come mezzo per sensibilizzare sulla necessità di preservare il nostro ecosistema.

MAB e Arte Digitale – Arconate e Buscate

Il secondo laboratorio si è svolto presso l’Istituto Omnicomprensivo Europeo di Arconate e Buscate e ha esplorato la connessione tra Challenge-Based Learning e Outdoor Learning. Il tema di fondo di questo laboratorio era il concetto di identità culturale, trattato in un contesto artistico, attraverso una metodologia innovativa che ha portato i partecipanti a riflettere sulle identità complesse, plurali e interconnesse nella società contemporanea.

Mab Digital Art

Il laboratorio si è aperto con una fase di osservazione partecipata e co-generazione, in cui i docenti hanno mappato un luogo significativo attraverso l’esplorazione e l’analisi delle loro percezioni. Questa mappatura è stata poi la base per la creazione di un’opera d’arte digitale collettiva. I docenti hanno lavorato in team, unendo le loro idee e prospettive per dare forma a un’opera che rappresentasse il concetto di identità plurale e la sua evoluzione.

Un momento centrale del laboratorio è stata la visita al MUDEC – Museo delle Culture di Milano, dove i docenti hanno potuto approfondire il tema dell’identità culturale attraverso le collezioni permanenti del museo, che esplorano storie individuali intrecciate con i grandi processi storici globali, come l’imperialismo e la globalizzazione. Questa esperienza ha dato modo ai partecipanti di riflettere su come le dinamiche culturali influenzano la percezione di sé e degli altri nella società attuale, offrendo spunti preziosi per il lavoro artistico che avrebbero poi sviluppato.

Durante la fase di sintesi collettiva e ideazione, i docenti hanno trasformato le loro riflessioni in un’opera d’arte digitale. Il risultato è stato un collage visivo che esprimeva la complessità e la ricchezza dell’identità culturale contemporanea, un’entità in continua evoluzione, plasmata da esperienze personali, storie e luoghi. L’opera collettiva realizzata rappresenta una visione armoniosa della diversità, dove le identità si intersecano, si confrontano e si arricchiscono reciprocamente.

Entrambi i laboratori sono stati realizzati secondo i principi del Challenge-Based Learning, una metodologia didattica nata dal progetto “Apple Classrooms of Tomorrow – Today”. Questo approccio si basa sulla risoluzione di sfide reali attraverso l’apprendimento attivo e collaborativo, stimolando non solo la creatività, ma anche la capacità di problem solving e di lavoro di squadra.

Il Challenge-Based Learning si è rivelato particolarmente efficace nel promuovere competenze chiave, come il pensiero critico, la capacità di imparare ad imparare, e la cittadinanza attiva. Inoltre, il legame con l’Outdoor Learning ha amplificato l’impatto di queste esperienze, poiché l’apprendimento all’aperto stimola l’apertura mentale, il benessere psicofisico e il senso di connessione con l’altro.

I laboratori di Onde Alte continueranno a innovare l’esperienza didattica attraverso la creatività e la partecipazione attiva. Con un impegno costante verso l’educazione alla sostenibilità e la promozione del dialogo culturale, ci prepariamo a lanciare nuove edizioni di questi format formativi, con l’obiettivo di coinvolgere sempre più docenti e studenti in esperienze che uniscono arte, natura e riflessione sociale.

Vr Challenge Lab VR-Challenge-Lab

La scorsa settimana, siamo stati coinvolti in un entusiasmante progetto all’interno del campus di H-FARM: il laboratorio “VR Challenge Lab – Metodologie didattiche innovative STEAM con l’utilizzo della Realtà Virtuale“, organizzato in collaborazione con il Liceo Scientifico “Manfredo Fanti” di Carpi. Durante questo evento, abbiamo avuto l’opportunità di accompagnare 60 partecipanti, tra studenti, studentesse e docenti, nella creazione di esperienze di didattica innovativa in Realtà Virtuale. Questo format è stato sviluppato in collaborazione con BigRock, Institute of Magic Technologies, la scuola di riferimento in Italia nel campo della Computer Grafica.

Durante quattro giornate intense di lavoro in team, i partecipanti hanno avuto l’opportunità di conoscere e sperimentare insieme l’applicazione della realtà virtuale nell’ambito della didattica. Sono stati accompagnati dai mentor di Onde Alte nel flusso di lavoro e nell’applicazione della metodologia progettuale, e assistiti da BigRock nelle applicazioni tecniche del software “LUDI”, la soluzione ideata e programmata da BigRock per la progettazione di esperienze VR.

I 10 team, composti da studenti e studentesse di età compresa tra i 14 e i 18 anni – più un gruppo composto interamente da docenti – sono stati chiamati a rispondere ad una sfida:

“Creiamo una lezione didattica innovativa con la tecnologia VR, che possa essere efficace e coinvolgente, per accompagnare studenti e studentesse alla scoperta dello Spazio e dei suoi elementi.”

Ciascun gruppo si è poi concentrato su uno dei cinque temi identificati: la Luna, Marte, il Sistema Solare, la Terra e la ricerca spaziale.

Quest’esperienza è stata anche un’opportunità interessante per avvicinarsi all’innovazione, guardando alla didattica da prospettive diverse. Gli studenti sono diventati docenti e progettisti, mentre i docenti hanno avuto l’opportunità di mettersi nei panni degli studenti, partecipando ai momenti di testing delle lezioni.

Come sottolineato anche da Alda Barbi, Dirigente Scolastico del Liceo Manfredo Fanti:

"Il rovesciamento di ruoli tra docenti e studenti è stato ottimo! Noi a scuola ci lavoriamo da tempo e il valore aggiunto che porta è enorme".

La realtà virtuale e l’innovazione della didattica

Negli ultimi anni, l’evoluzione accelerata delle tecnologie ha rivoluzionato numerosi aspetti della nostra vita quotidiana, tra cui anche l’ambito dell’educazione. Tra le innovazioni più rivoluzionarie che hanno impattato il campo dell’insegnamento, spiccano senz’altro la realtà aumentata (AR) e la realtà virtuale (VR).

Immaginate di poter condurre esperimenti scientifici complessi o di manipolare le variabili di processi naturali, osservandone gli effetti attraverso simulazioni interattive. O ancora, pensate di poter effettuare un’analisi anatomica dettagliata e coinvolgente del corpo umano, proprio come farebbe un professionista del settore. Oppure, di rivivere eventi storici e sociali di rilievo, visitare monumenti famosi o esplorare mete geografiche lontane, tutto questo con un coinvolgimento completo in esperienze immersive. La realtà virtuale offre un’opportunità senza precedenti per arricchire il processo di apprendimento.

Tuttavia, è lecito chiedersi come possiamo integrare questa tecnologia all’interno delle istituzioni scolastiche. Come possiamo sfruttare appieno il potenziale della realtà virtuale per favorire l’apprendimento? E come possiamo superare le sfide che inevitabilmente sorgono quando cerchiamo di introdurre questa innovazione nelle nostre scuole e istituti educativi?

La risposta a queste domande richiede un’analisi attenta e una strategia ben ponderata. Introdurre la realtà virtuale nelle aule scolastiche richiede un impegno sia dal punto di vista tecnologico che pedagogico. Non è sufficiente avere accesso alle nuove tecnologie, ma occorre anche comprendere come utilizzarle in modo efficace per migliorare l’apprendimento degli studenti.

Opportunità e sfide

La realtà virtuale applicata all’ambito didattico apre le porte a esperienze di apprendimento coinvolgenti, in cui gli studenti possono muoversi e agire all’interno di ambienti virtuali interattivi, interagendo con oggetti e contesti. Questo livello di interazione stimola la loro curiosità e li spinge a esplorare e apprendere in modo attivo e partecipativo, facilitando la comprensione anche di concetti complessi e la memorizzazione dei contenuti

Grazie a queste esperienze immersive, gli studenti non sono semplicemente spettatori passivi, ma diventano protagonisti del proprio apprendimento. Possono interagire con gli elementi virtuali, affrontare sfide, risolvere problemi e prendere decisioni, sperimentando direttamente le conseguenze delle proprie azioni. Questo approccio attivo favorisce la motivazione degli studenti e li coinvolge in un processo di apprendimento più profondo e significativo. 

Inoltre, l’utilizzo della realtà virtuale può creare un ambiente di apprendimento più inclusivo, in grado di adattarsi alle diverse esigenze degli studenti. Attraverso la personalizzazione delle esperienze virtuali, è possibile offrire un supporto mirato a coloro che hanno difficoltà di apprendimento, consentendo loro di affrontare gli argomenti in modo più accessibile e intuitivo. Allo stesso tempo, gli studenti più dotati possono essere stimolati attraverso sfide più complesse e avanzate.

È importante sottolineare che l’integrazione della realtà virtuale nella didattica richiede un’adeguata formazione dei docenti, che devono acquisire competenze nell’utilizzo di queste tecnologie e nell’effettivo sfruttamento del loro potenziale didattico. Solo attraverso una pianificazione accurata e un’implementazione oculata, la realtà virtuale può diventare un prezioso strumento educativo, capace di arricchire l’esperienza di apprendimento e preparare gli studenti alle sfide del mondo moderno.

“La VR applicata alla didattica è un mondo da esplorare. Non deve però essere solo un mezzo per catturare l’attenzione e la motivazione dei ragazzi. Deve essere qualcosa di più. Forse la vera potenzialità è legata alla creazione di contenuti digitali: docenti e studenti che collaborano, e creano materiali/lezioni/unità didattiche per gli altri studenti, valorizzando le competenze di ognuno e la creatività. Nell'implementazione della realtà virtuale nella didattica, si presentano alcune sfide. Una di queste consiste nel coinvolgere anche i docenti, anche i più refrattari, insieme ai ragazzi, per creare lezioni di senso: non solo l’effetto WOW, ma davvero una VR con valore educativo. Altri punti di attenzione fondamentali riguardano i costi per le scuole; l’inclusione dei ragazzi con disabilità; la collaborazione con le aziende.”

Alda Barbi, Dirigente Scolastico del Liceo Manfredo Fanti

I risultati del laboratorio

Abbiamo adottato un approccio metodologico basato sui principi del Learning Design per guidare i partecipanti in un percorso di progettazione suddiviso in fasi di lavoro. Innanzitutto i partecipanti hanno svolto un’attività di esplorazione e approfondimento dell’argomento “Spazio” e dei temi specifici a loro assegnati; durante il processo, sono stati poi supportati nell’ideazione di una breve lezione didattica utilizzando un canvas di Storyboard e tecniche di narrazione. Successivamente, sono stati accompagnati nella fase di prototipazione cioè la concreta realizzazione della lezione in realtà virtuale, grazie al software LUDI. Parallelamente, sono stati assistiti per la creazione dei contenuti necessari per la presentazione e condivisione del progetto.

Attraverso questa metodologia strutturata, siamo stati in grado di fornire un supporto completo durante tutto il processo di sviluppo della lezione in Realtà Virtuale. Questo approccio ha permesso ai partecipanti di acquisire competenze e abilità nell’uso delle tecnologie immersive, garantendo al contempo la costruzione di un’esperienza di apprendimento coinvolgente e di qualità.

L’adozione del canvas di Storyboard ha consentito di definire in modo chiaro e organizzato i contenuti della lezione, immaginando le interazioni tra docente e studenti e le dinamiche didattiche della lezione, garantendo quindi una struttura efficace e coerente. La narrazione ha svolto un ruolo fondamentale nell’arricchimento dell’esperienza virtuale, guidando gli studenti attraverso il percorso di apprendimento e offrendo contestualizzazione e spiegazioni chiare.

Il software LUDI ha rappresentato uno strumento essenziale per la prototipazione e la realizzazione pratica della lezione in Realtà Virtuale. Grazie a questa piattaforma, i partecipanti hanno potuto trasformare le idee e i concetti in esperienze immersive e interattive, offrendo agli studenti la possibilità di esplorare e interagire con gli elementi virtuali.

Infine, abbiamo prestato attenzione anche alla fase di presentazione e condivisione del progetto. Attraverso la creazione di contenuti appropriati, i partecipanti sono stati in grado di comunicare efficacemente l’obiettivo e il valore della lezione in Realtà Virtuale, coinvolgendo sia gli studenti che gli altri membri della piccola comunità educativa presente.

L’integrazione di questi passaggi ha garantito un processo strutturato e fluido, che ha consentito ai partecipanti di sviluppare le proprie competenze nell’uso della Realtà Virtuale come strumento di apprendimento.

In conclusione, come affermava Maria Montessori, una pioniera dell’educazione, l’educazione dovrebbe essere il risultato di una libera attività dell’individuo e non solo dell’insegnamento impartito dall’esterno. La realtà virtuale, con il suo approccio esperienziale e interattivo, permette proprio questo: offre agli studenti la libertà di esplorare, scoprire e costruire la propria conoscenza in modo attivo e autonomo. Come professionisti dell’istruzione, dobbiamo abbracciare le nuove possibilità offerte dalla tecnologia e saperle integrare in modo efficace all’interno del contesto educativo. Solo così potremo fornire agli studenti un apprendimento che sia stimolante, significativo e in grado di prepararli alle sfide future.

Re-Imagine lab

Questa settimana siamo stati a Torre del Greco, ospitati dall'Istituto di Istruzione Secondaria Superiore “E. Pantaleo”, per accompagnare 40 studenti e studentesse alla scoperta del metodo scientifico, dei suoi principi e delle sue applicazioni.

Un laboratorio realizzato in collaborazione con Novartis, che rientra nel più ampio progetto di divulgazione di Mudimed, il primo Museo digitale della storia del metodo scientifico in medicina. Un progetto realizzato da Novartis Italia in partnership con il Ministero della Cultura, che si rivolge principalmente ai giovani con l’obiettivo di stimolarli ed avvicinarli alla cultura scientifica e al suo metodo. 

Due giornate immersive di lavoro in team per comprendere il metodo scientifico come strumento fondamentale per interpretare le sfide e i cambiamenti del nostro tempo, ma anche come approccio utile per ciascuno di noi nell’affrontare questioni quotidiane, siano esse scolastiche, professionali o di vita ordinaria.

I 6 team, formati da studenti e studentesse tra i 16 e i 18 anni di differenti indirizzi di studi, si sono immedesimati in gruppi di ricercatori provenienti da tutta Italia, chiamati per rispondere  alla sfida “Quali pratiche, iniziative e progetti possono migliorare lo stile di vita di ragazze e ragazzi tra 14-19 anni?”,  ognuno indagando in particolar modo uno dei 4 principali fattori di rischio per la salute che l’Istituto Superiore della sanità ha individuato: scorretta alimentazione, mancanza di attività fisica, fumo di tabacco, consumo eccessivo di alcol.

Il metodo e il flusso di lavoro

Attraverso una metodologia di lavoro basata sui principi del Learning Design, abbiamo accompagnato i partecipanti alla scoperta e poi all’applicazione di ognuna delle fasi del metodo scientifico, aiutandoli a comprenderne il senso e il valore aggiunto. 

Grazie al supporto di canvas di progettazione e con l’affiancamento dei mentor di Onde Alte, ogni team ha cominciato i lavori da una fase di osservazione per indagare il problema e formulare le prime domande di ricerca e procedere quindi poi con un momento di ricerca e approfondimento vero e proprio grazie al quale hanno individuato informazioni chiave e dati a supporto.

metodo scientifico

Non è stato banale il passaggio in cui ogni team ha dovuto formulare delle prime ipotesi innovative che potessero rispondere al problema, ma dopo diversi tentativi individuali e confronti collettivi hanno raggiunto egregiamente questo step cruciale del metodo scientifico. Dopo aver approfondito la loro ipotesi si sono cimentati nella definizione di una strategia di sperimentazione e poi di analisi dei risultati e conclusione approfondendo soggetti coinvolti, contesto di riferimento, tempistiche, strumenti, risorse ecc.

Ogni team ha potuto poi dar libero sfogo alla sua creatività preparando una presentazione e un video tik tok o reel Instagram per presentare la sua ipotesi e la strategia di sperimentazione.

Problem Tree Canvas

Per guidare i partecipanti nella fase di Osservazione e formulazione di domande di ricerca abbiamo creato il Problem Tree Canvas.

Problem Tree Canvas

Il Problem Tree è un approccio di visualizzazione della causa-effetto riguardo un fenomeno, che permette di indagare il problema e di comprenderlo al meglio scomponendolo in cause e conseguenze. Dopo aver scritto il problema specifico sul tronco dell’albero (al centro), i partecipanti si confrontano per proseguire poi appuntando gli effetti sui rami (in alto) e le cause sulle radici (in basso).  Se durante l’analisi si identificano sotto-livelli di cause ed effetti, è possibile continuare a ramificare nelle rispettive aree.

Le cause e gli effetti sono delle supposizioni che non sono ancora validate da evidenze.
Dopo averle identificate, si possono infine definire le domande di ricerca che ci guideranno nell’approfondimento e nella ricerca, fondamentale per validare attraverso dati e fatti le reali cause ed effetti.

Gli ospiti

E’ stato un grande onore per noi avere avuto come compagni di viaggio in questa esperienza due persone che hanno saputo essere di ispirazione per noi e per i ragazz* portando la loro conoscenza e due punti di vista differenti sul metodo scientifico.

Il professor Andrea Grignolio, Docente di Storia della medicina presso l’Università Vita-San Raffaele di Milano, ci ha accompagnato alla scoperta del metodo scientifico partendo da un punto di vista storico e raccontandoci come alcuni grandi scienziati, con una straordinaria capacità di guardare oltre, sono arrivati a scoperte che hanno cambiato le nostre vite. Per ragionare assieme a noi su cosa sia il metodo scientifico ha scelto una citazione della Senatrice a Vita Elena Cattaneo, Neuroscienziata presso Università degli studi di Milano.

Il metodo della scienza è vedere l’invisibile

Abbiamo parlato con lui del coraggio che ci vuole per intraprendere nuove strade mai percorse da nessuno, di come Scienza e Democrazia condividano alcuni principi importanti come la tolleranza, lo scetticismo (inteso come spirito critico e capacità di farsi domande), il rispetto dei fatti, la libertà di comunicazione e la libertà di accesso ai risultati.

Questi e molti altri sono stati i bellissimi spunti di riflessione che ci ha regalato il professor Grignolio. 

E’ stata con noi anche Sabrina Fiorentino, CEO e Co-founder di Sestre, una start-up innovativa nata dall’idea di due sorelle di unire la continua ricerca scientifica con l’amore per il cibo e il territorio. Sestre si occupa di realizzare integratori con estratti nutraceutici della Dieta Mediterranea per il Benessere della Donna.

E’ stato molto interessante ascoltare Sabrina, ci ha parlato dell’importanza di essere perseveranti, pazienti e aperti all’ascolto e ha condiviso con noi il ruolo che il metodo scientifico ha avuto e continua ad avere nella sua esperienza imprenditoriale e per lo sviluppo del loro prodotto.

Solo attraverso la scienza puoi distinguerti dal rumore di fondo e migliorare realmente la società, visiona il tuo obiettivo e lavora per raggiungerlo!

Progettare ed erogare questo laboratorio è stato molto interessante per il nostro team. Ci ha messo alla prova e ci ha permesso di imparare, portandoci a ragionare su come trasferire concetti così importanti e complessi a ragazzi e ragazze riuscendo ad appassionarli e avvicinarli a principi del metodo scientifico che anche noi da sempre cerchiamo di rispettare nel nostro percorso professionale e di vita. Tra gli altri ce ne sono due che ci stanno particolarmente a cuore:

La cultura dell’errore per imparare a vederlo come una necessità per il progresso e la crescita personale, nelle piccole e nelle grandi cose. Per liberarsi dalla paura di essere giudicati e accogliere l’errore come una opportunità.

Il concetto di falsificazione e quindi l’importanza di non fare supposizioni senza aver prima verificato le cose con spirito critico e con una ricerca adeguata.

Ancora complimenti a tutti i partecipanti, speriamo che questo laboratorio vi abbia ispirato a portare il metodo scientifico nella vostra vita quotidiana da studenti e da giovani cittadini. E infine grazie anche a Novartis per la splendida opportunità e all’Istituto Pantaleo per la sempre meravigliosa accoglienza e apertura verso i nostri momenti di formazione.

One day in my shoes

In questi mesi stiamo realizzando il laboratorio “One day in my shoes” insieme all’I.I.S. “Carrara-Nottolini-Busdraghi” di Lucca, un percorso dedicato a docenti delle scuole secondarie di secondo grado per ripensare gli spazi scolastici in un’ottica di design accessibile e inclusivo, realizzando soluzioni flessibili e personalizzate in grado di soddisfare i bisogni di persone con disabilità nell’ambiente scolastico.

Il Design Inclusivo (Design for All) rappresenta il design per la diversità umana, l’inclusione sociale e l’uguaglianza. 
Design for All significa concepire ambienti, sistemi, prodotti e servizi fruibili autonomamente da parte di persone con esigenze e abilità diversificate.

Good design enables, bad design disables (Il buon design abilita, il cattivo design disabilita) – Paul Hogan

Il design inclusivo non interessa solo le persone con disabilità fisiche, cognitive e sensoriali. Attraverso una buona progettazione di spazi e ambienti è infatti possibile abilitare e potenziare le capacità di tutti.

I partecipanti al laboratorio agiscono come “hacker” dello spazio scolastico, per facilitare la vivibilità, l’usabilità, le interazioni. Sperimentando insieme a Onde Alte la metodologia, il percorso prevede anche il coinvolgimento degli studenti in un processo partecipativo, attraverso una sperimentazione in classe. 

Il laboratorio si compone di tre fasi principali:

Empatia
Un approfondimento sul ruolo dell’empatia, per iniziare a mettersi nei panni delle persone che ci circondano.

Progettazione
Una fase di progettazione e comprensione di quali possano essere gli strumenti che agevolano l’interazione tra l’ambiente e le persone con disabilità.

Prototipazione
La creazione vera e propria di un oggetto fisico attraverso la stampa 3D.

In questa ultima fase i partecipanti hanno l’occasione di modellare o scaricare prodotti 3D già esistenti per rispondere ai bisogni delle persone.

 Gli esempi della stampa 3D applicata al design inclusivo sono numerosi, uno fra i tanti è l’Educational kit di Makers Making Change, che contiene dispositivi che aiutano le persone con disabilità nelle attività di vita quotidiana e di apprendimento.

Il kit per l’empatia

Per introdurre i partecipanti alla fase di empatia, abbiamo sviluppato una serie di strumenti che permettono di “mettersi nei panni” delle persone con disabilità. Partendo dalla nostra mappa dell’usabilità – che evidenzia i bisogni e le necessità delle persone divisi per gli ambiti sensoriali, fisici e cognitivi – abbiamo messo a disposizione semplici strumenti per simulare le diverse condizioni in scene di vita quotidiana.

Onde day in my shoes - kit per l'empatia

Ecco alcuni strumenti che abbiamo utilizzato:

Mancanza di un arto
Per simulare un’amputazione medica o congenita, abbiamo messo a disposizione delle tute da lavoro, che possono essere legate o interrotte all’altezza delle braccia o delle gambe per simulare la mancanza di un arto.

Disturbo da deficit di attenzione e dei sensi
Abbiamo voluto utilizzare un visore di realtà aumentata/virtuale (Google Cardboard) e applicazioni come Autism Me, che attraverso la realtà aumentata permette di vivere a livello sensoriale (visivo e uditivo) l’esperienza di una persona con autismo e le sue reazioni agli stimoli esterni.

Difficoltà a parlare
La difficoltà ad articolare o a comunicare attraverso la parola è l’effetto collaterale di diverse condizioni. Per simulare questo disturbo, abbiamo utilizzato degli apribocca da dentista che allungano le guance, rendendo molto difficile il parlare o il farsi capire.

Dopo una prima sessione online e due giorni in presenza siamo arrivati a concludere la fase dedicata all’empatia, affronteremo presto quelle di progettazione e prototipazione. Ci auguriamo che il laboratorio possa dare ispirazioni e spunti utili per contribuire a generare un cambiamento su questi temi nelle scuole, e siamo curiosi di scoprire quali saranno i prodotti progettati e stampati in 3D che usciranno da questo percorso.